Il disperato bisogno di esistere

Il 27 gennaio scorso, nell’ambito del progetto “4×4 fuoristrada educativi”, co – finanziato da Fondazione Comunitaria del Nord Milano e Génèras Foundation, c’è stato il primo di una serie di incontri plenari che ha visto la partecipazione degli attori che compongono la comunità educante: genitori, docenti, dirigenti scolastici, sacerdoti, religiose, educatori, psicologi, allenatori sportivi.Il tutto si è svolto presso l’oratorio San Luigi della parrocchia di Santo Stefano a Sesto San Giovanni.

Ci hanno stimolato nella mattinata il dottor Marco Vinicio Masoni, psicologo e psicoterapeuta (di cui riportiamo un estratto del suo intervento) e il dottor Dario Nicoli, sociologo. Ha guidato la mattinata Fabrizio Carletti, formatore di Missione Emmaus che, insieme agli educatori dell’Associazione, hanno poi condotto i gruppi di lavoro.
Un’occasione di confronto e riflessione che proseguirà poi con i focus group dedicati alle “singole categorie”, docenti, genitori, allenatori sportivi.

Un grazie a Pierluca Borali (segretario generale della Fondazione Comunitaria del Nord Milano) e Michela Calvelli (segretario generale di Génèras Foundation) per la partecipazione e a tutti gli intervenuti, da Sesto San Giovanni, Milano Rogoredo, Treviglio e Binasco. 

Il bisogno di fissare il tempo, fissare chi siamo

In questi decenni sta accadendo qualcosa che non era successo cinquanta anni fa. Per esempio la disobbedienza dei ragazzi e dei giovani, le lotte per esistere, un bullismo di altro tipo rispetto a ciò che avveniva negli oratori del passato.

Il sociologo Sabino Acquaviva disse nel 2003: ‘abbiamo fatto in questi pochi decenni i cambiamenti che in altre epoche si facevano in 500 o in 1000 anni’. Ci siamo dentro, non ce ne accorgiamo. Le cose cambiano, le conoscenze cambiano. I ragazzi sentono che questo mondo corre veloce e sono cambiati anche loro.

In tempi di grandi cambiamenti abbiamo bisogno di fissare qualcosa perché il cambiamento ci fa paura in quanto distrugge quello che siamo: c’è il pericolo che quello che ho costruito in rapporto con gli altri, quello che pensano di me gli altri e quello che dicono di me le persone che conosco cambi, diventi altro. Se dicono di me altro io perdo la mia identità. Ecco la parola magica. Quello che sono cambia e non voglio perderlo. Ho fatto fatica ad arrivare a questo, non posso perderlo e devo lottare affinché dicano di me sempre la stessa cosa. Questo è identità. 

Ho chiamato il mio intervento ‘Il disperato bisogno di esistere’. Possiamo tradurlo: il bisogno disperato di difendere l’identità, perché se me la tocchi io temo di diventare invisibile. E come si fa? 

Se un ragazzo quattordicenne o tredicenne con grande fatica ha messo a punto comportamenti che si ripetono – il mio apparire svogliato, o negligente si ripete – io esisto con quelle caratteristiche, altrimenti barcollo, non ci sono più, perdo dei pezzi della mia riconoscibilità, divento parzialmente invisibile. Quindi, difendo quelle caratteristiche ripetendo comportamenti. Ecco perché abbiamo di fronte ragazzi che pur essendo osservati in altri ambienti acuti e svegli, vanno male a scuola se per esempio una caratteristica che li rende noti al pubblico è ‘va male a scuola’. Grazie a quella frase quel ragazzo ha un pezzo importante di identità. Non glielo puoi togliere, la difende. Il paradosso con il quale noi davanti ai problemi reagiamo usando il senso comune non fa altro che alimentare la difesa identitaria. Se dico al ragazzo negligente: ‘cretino, studia!’, il ragazzo dirà ‘Anche stavolta esisto’. Sono negligente quindi ce l’ho fatta. Il senso comune alimenta i problemi.

Come generare un cambiamento nei comportamenti

L’identità può essere vista come composta da tre elementi: la cultura interiorizzata durante la fase di socializzazione, le mie auto narrazioni (cosa dico di me) e le etero narrazioni (cosa gli altri dicono di me).  

Quest’ultima è oggi la più importante: le cose che le persone importanti per la mia vita dicono, pensano, credono di me definiscono sempre più la mia identità. Quando una persona significativa per il ragazzo entra a contatto con lui, questa è in grado di influenzarlo nel confermargli la sua identità anche proponendo altri modelli di comportamento. E come? Questa lettura suggerisce un modo per farlo, un modo nuovo: se io adulto cambio me stesso in questa zona di relazione con l’altro, sto toccando la sua sfera e ottengo cambiamenti nell’altro. 

C’è quindi da capire cosa dire e fare con il ragazzo affinché il ragazzo scopra che anche lasciando cadere i propri problemi non perde la sua identità. Occorre che tu, ragazzo, scopra che pur non facendo le cose che hai sempre fatto, non diventi invisibile ma esisti ugualmente. Ti accade una e più volte e tu ti convinci: posso (per es.) non farmi ed esserci ugualmente.

Questo consente il cambiamento.