L’informazione: la più grande arma di un negoziatore
“Noi abitiamo diverse storie, noi abitiamo diversi racconti” (M.V. Masoni)
Nella newsletter precedente abbiamo detto che se vogliamo che l’altro cambi, occorre prima mettere in atto dei nostri auto-cambiamenti. È una regola importante, che dà risultati. Se ben compresa e se diventa una parte importante del nostro fare, ci potrebbe dare grandi soddisfazioni, degne della fatica fatta per mettere in atto questa svolta.
Negoziare è probabilmente una parte importante del futuro del nostro rapporto con i ragazzi, nella scuola, nella famiglia e nelle altre situazioni che si incontrano nella vita. Negoziare non significa semplicemente venire a patti, raggiungere un compromesso. Significa al contrario essere molto fermi sugli obiettivi da ottenere; se chiedo cento, occorre che ottenga cento. Le due parti ne usciranno soddisfatte, ma soprattutto non umiliate.
I ragazzi oggi ricercano la costruzione e la difesa di un’identità per sentirsi rispettati. In questa “aria nuova”, sentirsi rispettati significa anche sentire che l’altro ti tratta con pari dignità. Allora, quando chiediamo ad un ragazzo che cos’abbia in testa invece di porci come esperti o abili lettori della sua mente, gli stiamo comunicando che rinunciamo al nostro piedistallo e ci mettiamo al suo livello. Non gli chiediamo spiegazioni giustificatorie, ma gli comunichiamo che siamo certi che la sua azione abbia senso per lui e che sia stata messa in atto per ragioni intelligenti, gli chiediamo quale sia questo “senso”.
Se c’è un certo problema, un comportamento che si ripete da tempo, qualunque esso sia, io adulto so che quel problema è questione che riguarda l’identità, ed è messo a punto con intelligenza nella relazione con me. È grazie alle mie reazioni, previste ed “estorte”, che il problema rimane, si consolida e fissa questo pezzo dell’identità del ragazzo che ha innescato questo scambio. Io adulto mi dico: “E’ probabile che se cambiasse qualcosa in me (nelle mie risposte), alimentare questo problema cesserebbe di apparire necessario al ragazzo”.
Noi sappiamo già che quando il ragazzo sa di essere accettato, quando sente che l’altro lo prende così com’è e non gli chiede cambiamenti, sente anche che gli è permesso cambiare spontaneamente, senza dare l’impressione di aver ceduto. Il senso comune ci dice proprio il contrario; ci vuole quindi un po’ di follia, cioè qualcosa che cozzi col senso comune per attuare tutto questo.
Ecco un esempio concreto tratto dalla nostra esperienza:
Educatore: come stai?
Giorgia: così così.
Educatore: c’entra anche la scuola a farti rispondere “cosi così” e non invece “bene”?
Giorgia: un po’ lei, un po’ casa.
Educatore: cioè?
Giorgia: i miei litigano, a scuola sono peggiorata.
Educatore: peggiorata? Da cosa lo capisci?
Giorgia: eh prendo note e brutti voti.
Educatore: cosa succede in classe?
Giorgia: quando la prof spiega appena mi distraggo un attimo, subito penso ai miei, allora disturbo un po’ così il pensiero se ne va.
Educatore: e i brutti voti?
Giorgia: disturbando mi perdo le spiegazioni e per me sono fondamentali.
Educatore: hai una bella fortuna; puoi fare un paragone tra come ti sentivi quando andavi bene e come ti senti adesso? Di un po’, quale situazione ti fa sentire meglio?
(silenzio di pochi minuti).
Giorgia: prima, quando riuscivo ad andare bene a scuola.
Educatore: vediamo se ho capito bene; ci sono tre cose al momento che ti fanno dire “sto così così”, anziché “bene”. Una è il pensiero dei tuoi genitori che litigano, la seconda è il fatto che prendi note e la terza sono i brutti voti. Ho capito bene?
Giorgia: sì…
Educatore: in quale di queste tu hai il potere di intervenire?
Giorgia: il comportamento. Se sto attenta cambio anche i voti.
Educatore: qual è la prima cosa, piccola e senza nessuno sforzo, che ti senti di fare domani quando sarai in classe?
Giorgia: io non ce la faccio a cambiare totalmente! (non le è stato chiesto il cambiamento nella domanda). Proverò a fare meno casino.
Educatore: e quando torna qualche brutto pensiero?
Giorgia: mi fisso sulla voce della prof, anche se è un po’ noiosa
(silenzio di pochi minuti)
Educatore: sai Giorgia, mi hai insegnato una cosa molto importante. Andare male a scuola ti è stato utile per distrarti dai pensieri che non ti piacevano, ma non ti è servito a farti sentire meglio. Adesso invece vuoi usare la scuola per distrarti dai pensieri spiacevoli e per stare meglio.
(silenzio di pochi minuti)
Educatore: bello! Vogliamo la stessa cosa!
Giorgia: cosa?
Educatore: Che tu stia meglio!
La negoziazione è un’arte difficile: occorre vedere, assistere e provare personalmente! Puoi usare anche una tecnica eccellente, ma essere totalmente inefficace; deve passare il messaggio “Tu per me conti!”.
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