Storie di una psicoterapeuta ai tempi del coronavirus

Michela è una di quelle ragazzine che ti porteresti subito a casa. Ti mangia con gli occhi, curiosa di tutto. Studia per passione, a 12 anni. Ripenso a com’ero io alla sua età e un pizzico la invidio. La invidio per quella voracità garbata che ho scoperto molti, molti anni dopo di lei.
Michela viene spesso a colloquio con me. Dice “Non perché ho qualche problema ma perché ho bisogno di un adulto che non sia mia madre o mio padre con cui confrontarmi”. Dodici anni.
Oggi mi accoglie in videochiamata nella sua cameretta multicolore ma lei sembra un fotogramma in bianco e nero.
Il mio consueto ed energico “Ciao! Come stai?” mi si spegne in bocca.
Ha gli occhi pieni di lacrime discrete che restano abbarbicate tra le ciglia come in attesa di un permesso implicito per scendere.
Siamo ai due capi opposti di un rettangolo luminoso. Le lacrime scendono prima a me. Sono davvero una mezza calzetta come terapeuta.
Mi sorride. “La mia nonnina non c’è più”.
Dicono che quando stai per morire in un incidente ti scorra in un nanosecondo tutta la vita davanti.
Ecco, in quell’ istante gli occhi della mente scartabellano in modo convulso tutti i manuali di psicologia, pagine e pagine di istruzioni per confezionare la risposta perfetta. Verdetto: carta straccia.
Ci guardiamo Michela ed io. Due naufraghe approdate ora sulla stessa spiaggia.
“Michela, tu lo conosci l’elmo di Ade?”
“Conosco Ade – si accende lei – non è il Dio dei morti?”
“Esatto! Perseo si servì del suo elmo per sconfiggere Medusa.” Il tono si abbassa, mi sento più una cantastorie di una psicologa. “Era un elmo dai superpoteri, chi lo indossava diventava…invisibile”.
Michela è di nuovo a colori, gli occhi grandi come non mai “Ma allora la mia nonna è diventata invisibile!!”.
Ricomincio a respirare “Sì, Michela, la nonna è diventata invisibile…”.
Grazie di averlo fatto scoprire anche a me.

Dottoressa Dania Cusenza
psicologa e psicoterapeuta