Perché oggi è così difficile fare il genitore?
“C’è una strada che, se la scegli, ti conduce in tutte le direzioni: il rispetto”
(A. Cuomo)
Non c’è niente da fare, l’unica parola che gli riesce bene è il no.
“Porta giù la spazzatura”, “No!”.
“Aiuta il papà a fare quel lavoro in cantina”, “No!”.
Lasciamo perdere poi se gli o le diciamo: “studia!” o “Fai i compiti”. “No”, Sempre “No”, oppure “Stai zitta!”
“Esco” “Sì, ma torna alle sette”, ieri è tornato alle nove! Oppure, “Se vai fuori dimmi dove sei, che se succede qualcosa sappiamo dove trovarti”, “Va bene”, e poi va da un’altra parte.
La settimana scorsa alle tre di notte non era ancora rientrato, ha sedici anni, mica trenta! Eravamo preoccupati, mio marito e io svegli con gli occhi sbarrati, in ansia e pronti a telefonare a tutti gli ospedali. Finalmente telefona e dice “guarda che dormo fuori da questo mio amico”. Ma cavolo diccelo prima, no? Che poi forse lo sapeva che se ce lo diceva prima non lo lasciavamo. Insomma non ce la facciamo più!!
Nel nostro lavoro entriamo in contatto con centinaia di famiglie e quindi di genitori che hanno e tentano con tutte le forze di comunicare e insegnare regole, ma ciò che accade è che questi sforzi risultano spesso vani. Non si tratta di genitori assenti che non cercano di trasmettere regole e soprattutto valori, ma di genitori preoccupati, a volte disperati, che malgrado i loro sforzi non riescono a trovare una soluzione.
Perché oggi è così difficile fare il genitore?
Ci sono situazioni, modi di essere, “fatti” che ci appaiono ovvi, li abbiamo respirati negli anni, digeriti, acquisiti come cose naturali. Ci sono dei gradi gerarchici che riguardano ambiti ben definiti e “indossati” dalle persone che stanno intorno a noi: ci sono l’insegnante e il ragazzino, il genitore e i figli, il dirigente e i suoi sottoposti; ci sono piccole piramidi di potere e una più grande che le incorpora tutte.
Ciò che sta accadendo nell’arco degli ultimi anni è che questa complessa piramide, che a noi appare ovvia, sta diventando invisibile per i più giovani; occorre riparare qualcosa, otturare delle falle, delle aree “lise” come in un lenzuolo lavato troppo.
Al ragazzo la risposta che illustra il potere gerarchico non basta, e basterà forse in futuro sempre meno. Che la gerarchia non sia più “visibile” significa che di fatto i genitori e gli insegnanti sono sempre meno protetti dai loro ruoli.
La sensazione di “ovvietà” riguardo ai rapporti di potere è per i ragazzi incomprensibile. C’è un sentire le cose in altro modo, c’è da parte dei ragazzi il non vedere ciò che per noi era evidente, un “non vedere” dovuto al fatto che crescono respirando valori diversi.
Tuttavia, se togliamo la parte che ci infastidisce, ciò che c’è sotto la corazza è sostanza buona. Il fatto di “sentire” una dignità nuova, fa sì che la gerarchia, con i suoi automatismi canonici (“è giusto che tu obbedisca”) diventa meno visibile e ovvia e sorge spontanea nel ragazzino la domanda “questo perché mi comanda?”
Parliamo una lingua diversa ed è diventato difficilissimo capirsi…tentiamo di far sentire ai ragazzi che noi scuola, famiglia, Meglio dopo Insieme sappiamo come stanno e capiamo il loro mondo!
Un breve esempio tratto dalla nostra esperienza per capire meglio:
– Mamma: “Immagina che io domani faccia una cosa nuova, mai fatta prima d’ora, e tu trovi piacevole metterti a studiare! Cosa potrei fare?”
– Figlio: “Se sputi per terra studio!” (il ragazzo sta facendo una richiesta molto forte)
– Mamma:” ok!” (e sputa per terra davvero)
Bene, la mamma non dovrà sputare per tutta casa e per tutta la vita, ma quindi che fare? Negoziare senza dare ordini potrebbe essere un buon punto di partenza! Il “trucco” sta nel fatto che “nessuno perde la faccia”, perché la negoziazione non contempla vincitori e sconfitti in quanto vincono tutti.
La nuova condizione, anche se provvisoria, modifica i rapporti tra genitori e figli, creando il terreno per future relazioni più serene. Il solo fatto che la mamma chieda l’impossibile al ragazzo, di conseguenza quest’ultimo lo chiede altrettanto al genitore, aspettandosi l’indignazione dello stesso.
Il fatto che la mamma, invece, abbia accolto la richiesta “ha obbligato” il figlio a rispettarla.
La soluzione è già nei ragazzi e sta a noi coglierla!